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C&C - Rass. Stampa

IL MATTINO del 29 Marzo 2006

Scritto il 29/03/2006 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA/BATTAGLIA Sarà valutato con le ditte il progetto di bonifica dell’area. Ispezione della Forestale alla «C&C». PERNUMIA. A poco più di venti giorni dall’ispezione effettuata dalla quinta commissione consiliare provinciale, i cancelli della «C&C» torneranno ad aprirsi domani per un sopralluogo di alcuni tecnici del Corpo Forestale dello Stato e dei rappresentanti delle ditte che si sono dette disponibili per la messa in sicurezza dell’area. Un’iniziativa voluta dal sindaco Giovanni Magarotto e dall’assessore all’ambiente Lucio Fortin per permettere alle ditte di prendere coscienza della quantità di materiale contaminato e del tipo di macchinari da utilizzare per l’intervento. La prima fase del progetto prevede infatti il trasporto all’interno del capannone delle 150 tonnellate di materiale che ancora si trovano ammassate fuori. In un secondo momento si passerà al piano di bonifica, un progetto da 20 milioni di euro per il quale il consiglio provinciale ha deciso di chiedere il coinvolgimento diretto della Regione. Un piano lungo e laborioso, che comporterà anche uno scavo fino a 20-30 centimetri di profondità per impedire la permanenza nel terreno di scorie e scongiurare il rischio di inquinamento della falda freatica sottostante. «Nei giorni successivi al sopralluogo sceglieremo la ditta a cui affidare l’intervento di messa in sicurezza dell’area. - assicura Magarotto - L’appoggio economico della Provincia è un importante passo in avanti. L’emergenza resta, ne va della salute dei cittadini di Pernumia. Ora però abbiamo la certezza di non dover più lottare da soli». Il sindaco Magarotto ha inoltre confermato che la prossima seduta di consiglio comunale si terrà venerdì prossimo, alle 20.30. All’ordine del giorno l’approvazione del bilancio di previsione 2006, nonché la relazione previsionale e programmatica per il triennio 2006-2008. (Matteo Lunardi)

IL MATTINO del 31 Gennaio 2006

Scritto il 31/01/2006 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PADOVA PADOVA. I cantieri coinvolti nell’inchiesta condotta dalle procure di Venezia e Padova riguardano mezzo Veneto. Il più importante fa riferimento ai lavori dell’Alta Velocità, nella linea Padova-Mestre: il «conglomerato cementizio» è stato utilizzato come materiale lungo 4 chilometri tra Dolo e Mestre. Il corpo forestale dello Stato, ha anche accertato che lo stesso conglomerato è stato utilizzato per iniziare i lavori del cavalcavia Camerini tra l’Arcella e Altichero, opera avviata dall’ex giunta Destro sotto la regia dell’allora assessore Tommaso Riccoboni. Si tratta di un mega-appalto, per il momento bloccato, che rientra nel lotto più vasto della «bretella» Arco Giano che collegherà via Friburgo con il nuovo «ponte verde» sui binari delle Fs in via Avanzo e Grossi. L’indagine ha comportato il sequestro dei cantieri per verificare se nel materiale esistessero tracce di diossina o di altre sostanze altamente tossiche e pericolose per le falde acquifere. Per i magistrati che svolgono l’inchiesta, il «mercante di rifiuti» Fabrizio Cappelletto avrebbe dato vita ad un business da tre milioni di euro l’anno. Quanto basta per garantirsi un futuro tranquillo.

IL MATTINO del 31 Gennaio 2006

Scritto il 31/01/2006 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA «Una bomba ecologica da disinnescare subito» Matteo Lunardi PERNUMIA. Il Comune di Pernumia si è affidato all’esperienza di un tecnico specialista per la gestione della delicata vicenda della «C&C». Ad annunciarlo è il sindaco Giovanni Magarotto, tornato sulla questione pochi giorni dopo la cancellazione della visita ispettiva allo stabilimento organizzata dalla quinta commissione consiliare provinciale. Motivo dell’intervento del sindaco l’arrivo in municipio di uno «studio di caratterizzazione dell’area» realizzato dalla ditta «Cedro», proprietaria del lotto di terra su cui sorge lo stabilimento. Un documento in cui si chiede il parere della giunta sui possibili piani da attuare per risolvere la dibattuta questione. «Ci siamo attivati per reperire le informazioni tecniche necessarie alla pianificazione di un intervento», dice Magarotto. «Abbiamo così deciso di rivolgerci ad uno specialista, che sta esaminando la documentazione per poi esporci le sue conclusioni». Ancora top secret il nome del tecnico ma stando alle parole del sindaco dovrebbe trattarsi di un consulente del ministero dell’Ambiente. Una novità importante, a poco più di tre mesi dalla decisione del Consiglio di Stato di dare ragione al Comune e respingere il ricorso presentato dalla «Cedro» per la sospensione dell’ordinanza di sgombero e messa in sicurezza del materiale contaminato all’esterno del capannone. Una sentenza analoga a quella pronunciata lo scorso luglio dal Tar del Veneto e servita a dichiarare la ditta di Fabrizio Cappelletto corresponsabile della grave situazione ambientale in cui i residenti versano da mesi. «Non ci fermeremo di fronte a nulla», aggiunge Magarotto. «La questione è delicata e ne va della salute di molti cittadini. Non si tratta solo della messa in sicurezza dell’area, bisognerebbe anche scavare fino a trenta-quaranta centimetri di profondità per scongiurare il rischio di scorie o inquinamento residuo. Ultimate le procedure sarebbe opportuno sottoporre l’area ad un trattamento speciale per recuperarla definitivamente. E’ un intervento lungo e laborioso ma i diritti dei cittadini devono essere tutelati». Sullo stato di emergenza interviene anche l’ex sindaco di Pernumia Lucio Conforto, ora consigliere di minoranza. «Il problema non tocca solo noi», precisa, «ma anche i residenti del comune di Battaglia Terme. Purtroppo la situazione è complessa e a peggiorare le cose c’è pure un procedimento giudiziario in corso. In ogni caso non ci si può permettere di perdere altro tempo. Quella della C&C è una bomba ecologica da disinnescare al più presto».

IL MATTINO del 31 Gennaio 2006

Scritto il 31/01/2006 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PADOVA A.Cappelletto, Garavini e Conti contestata l’associazione a delinquere rifiuti tossici nei cantieri, 42 indagati Sipario chiuso sull’inchiesta che un anno fa fece arrestare sette imprenditori L’Alta Velocità e il cavalcavia (Cristina Genesin) PADOVA. Sipario chiuso per l’inchiesta avviata dalla procura di Venezia su un traffico di rifiuti pericolosi finiti nei conglomerati cementizi utilizzati per la realizzazione di massicciate stradali o ferroviarie e per la preparazione di aree destinate a cantieri edili. Ben 42 i nominativi finiti nel registro degli indagati, nei cui confronti il pubblico ministero veneziano Giorgio Gava ha concluso le indagini. Presto le richieste di rinvio a giudizio. La cupola. A gestire l’affare che avrebbe garantito milioni di euro di introiti erano Fabrizio Cappelletto, 50 anni, nativo di Dolo anche se residente a Montebelluna (Treviso), socio, consulente ambientale e gestore di fatto della C&C con impianti a Malcontenta di Mira e a Pernumia; Luigi Garavini, 40 di Forlimpopoli, presidente del consiglio di amministrazione di Ear srl; e Loris Conti, 45 di Rimini, vicepresidente di Ear srl: ai tre è contestato il reato di associazione a delinquere in quanto avrebbero costituito un’alleanza per comprare, trattare e rivendere il materiale pericoloso smaltito in conglomerati cementizi. Un reato gravissimo che, nel febbraio 2005, spedì in carcere Cappelletto (chiamato a rispondere anche di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, 125 mila euro), mentre Garavini e Conti con altre quattro persone finirono agli arresti domiciliari. Era C&C ad acquistare i rifiuti pericolosi: tra i suoi fornitori Ecoveneta spa di Vicenza, di cui è amministratore delegato Bruno Lombardi, e l’Azienda depurazione acque srl di Conegliano, presieduta da Luciano Rossi. Dalla prima C&C aveva acquistato 700 tonnellate di fanghi, dalla seconda ben 1900, tutti lavorati negli impianti di Malcontenta e Pernumia. Oltre che da acciaierie, il materiale arrivava da depuratori, inceneritori e centri di stoccaggio, decine di migliaia di tonnellate di rifiuti che, per la presenza di metalli pesanti come cadmio, piombo, solventi e poi arsenico, mercurio, cromo e idrocarburi, non avrebbero potuto essere lavorati nei due impianti di C&C in base alle autorizzazioni rilasciate dalle Province di Padova e di Venezia. E invece quelle scorie sono state trattate, provocando odori nauseabondi ai vicini quartieri che per anni hanno protestato inascoltati, e poi vendute attraverso il loro reimpiego in conglomerati cementizi. Le complicità. Indagato perché avrebbe fornito false indicazioni sulla natura, la composizione e le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti è Alessandro Musacco, socio di Geo Lab di Treviso: sarebbe stato lui a manipolare i certificati di analisi relativi ai rifiuti lavorati da C&C per farli rientrare nella lista del materiale di scarto che Cappelletto era stato autorizzato a trattare e a riutilizzare nel conglomerato cementizio prodotto. Sempre Musacco, con Giorgio Berto, deve rispondere di falso ideologico per aver firmato una perizia giurata che confermava come quelle scorie rientrassero nei parametri di legge. I cantieri. Ma dove finivano i conglomerati cementizi, risultati poi altamente inquinanti tanto da rendere necessaria la bonifica delle aree in cui sono stati impiegati? Circa 8500 tonnellate di materiale inquinato è stato utilizzato per la realizzazione della massicciata ferroviaria parte integrante della linea Milano-Venezia destinata all’alta velocità, oltre quattro chilometri di rotaie tra Mestre e Dolo (il cantiere di Arino). Oltre 3700 metri cubi di conglomerato hanno costituito il sottofondo di piazzali in aree artigianali di Granze, mentre con altri quasi 6900 metri cubi è stato costruito il terrapieno del cavalcavia Camerini, primo lotto dell’Arco di Giano. Da qui le accuse di traffico illecito di rifiuti per i geometri Sebastiano Lovison e Paolo Benà, i titolari di Living & Building srl che avevano gestito il cantiere. Altriconglomerati inquinati sono finiti in un cantiere edile di Fontaniva, mettendo nei guai Massimo Semenzato titolare della Dima srl, e in uno di Monselice (per quest’ultimo è indagato Giancarlo Goldin, titolare di una ditta individuale). Altre persone risultano indagate per traffico illecito o dei rifiuti utilizzati, come conglomerati, anche in cantieri di Ferrara, Cesenatico e Brescia.

IL MATTINO del 03 Gennaio 2006

Scritto il 03/01/2006 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA/BATTAGLIA A quasi un anno dalla chiusura i rifiuti tossici sono ancora nell’area "I Ds sollecitano la bonifica della C&C" PERNUMIA. Sono trascorsi undici mesi dalla chiusura della C&C di Pernumia, l’azienda che trattava rifiuti tossici trasformandoli in conglomerato cementizio, e da allora nessuno ha più riaperto i portoni del capannone per eliminare le tonnellate di sostanze nocive stoccate. Impantanati in un surreale gioco delle parti, gli enti che dovrebbero garantire la bonifica del sito scaricano l’uno sull’altro la responsabilità dell’azione, tanto che da febbraio non sono ancora chiari tempi, modi e gestione del problematico risanamento. Sebbene siano state acquietate le voci dei cittadini con la cessazione definitiva dell’attività, permane uno stato di inquietudine sulle conseguenze ambientali che tanti rifiuti pericolosi incustoditi possono causare. A riaprire la questione puntando l’obiettivo sulle collusioni fra mercato dei rifiuti e criminalità con l’auspicio che il sito di Pernumia sia al più presto ripulito, sono stati i Democratici di Sinistra con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato il capogruppo regionale Giovanni Gallo Regione, il consigliere provinciale Fabio Rocco, Alessandro Naccarato della segreteria provinciale e Davide Sabbadin, segretario provinciale di Legambiente. E’ pensiero comune che di fondo manchi una normativa in grado di regolamentare la gestione di rifiuti speciali, il cui volume, in Italia, è triplo rispetto a quello urbano. Lo smaltimento è oneroso per chi li produce: ecco perché sempre più frequentemente si sfruttano vie illegali, che arricchiscono gli intermediari. «La fase intermedia di stoccaggio ha dato vita ad aziende fondate sul regime semplificato un po’ ovunque in Italia - ha detto Davide Sabbadin di Legambiente -. Purtroppo sempre più spesso il materiale tossico viene trasformato in inerte solo con un giro burocratico di etichette, mentre in realtà la pericolosità non risulta affatto abbattuta». «La gestione delle deleghe ambientali è molto importante ma sottovalutata - ha sottolineato Fabio Rocco - a Padova l’osservatorio sui rifiuti provinciali è inattivo dal 2000». A questa analisi sulle carenze ha dato man forte Gallo che ha affermato la necessità di definire piani ragionati che facciano un monitoraggio realistico, onde evitare il rischio di riversare in Veneto sostanze nocive provenienti da tutta Italia. (Nausica Scarparo)