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IL MATTINO del 24 Febbraio 2005

Scritto il 24/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]

VENEZIA Alta velocità, "bruciati" 100 milioni. I DANNI. I lavori della Tav continuano ma l’inchiesta può bloccare sine die la realizzazione di una linea nevralgica per i treni in Veneto Da rifare i 5 chilometri della tratta Arino-Dolo: la massicciata è inquinata. Per mettersi in tasca tre milioni di euro hanno messo a rischio un appalto che ne vale, per ogni chilometro costruito, almeno venti. Ma al danno economico e ambientale, già di per sé rilevanti, si aggiunge anche la beffa politica. Perché quei 25 chilometri della Padova-Mestre, uno dei pochi cantieri dell’Alta Velocità aperti a Est di Verona, non servono solo per fare viaggiare passeggeri su treni che vanno a 200 all’ora. Sono la ciambella di salvataggio di un sistema ferroviario regionale che già oggi scoppia e che attende come una manna la quadruplicazione dei binari per raddoppiare i treni, che vi possono passare sopra e decongestionare un traffico passeggeri che si muove fra gli otto Comuni più popolosi del Veneto, a partire da Venezia e Padova. Quei cinque chilometri riempiti di fanghi inquinati rischiano così di essere la tomba delle promesse di riuscire, entro i prossimi due anni a sciogliere uno dei nodi più trafficati del Veneto. Che cosa succederà adesso? "La società Italferr che dirige i lavori per conto della Rete Ferroviaria Italiana - dicono le Ferrovie - ha già da tempo sospeso l’autorizzazione al subappalto disposto dall’ impresa responsabile dell’esecuzione dei lavori sulla tratta. Abbiamo informato i membri dell’ Osservatorio Ambientale e abbiamo chiesto all’Ati, il Consorzio di imprese che ha vinto la gara, alla direzione lavori di ricostruire in maniera dettagliata i fatti e fare un piano di azione per superare ogni possibile criticità". Di tempi, ovviamente, non si parla, e nemmeno di costi di un’eventuale bonifica, dato che il cantiere resta sequestrato anche se il lavori sul resto della tratta per ora non si fermano. La vicenda giudiziaria dovrà accertare le responsabilità e chiarire che cosa non ha funzionato nei meccanismi di controllo che spesso vengono messi a dura prova dal meccanismo dei subappalti a catena. Quando, nel febbraio di due anni fa, il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi e l’ allora responsabile delle Ferrovie Giancarlo Cimoli, tagliano il nastro che battezza ufficialmente i 24 chilometri della Padova Mestre, le polemiche per i ritardi e la "esiguità" del tracciato (la linea che deve unire rapidamente Verona a Venezia è infatti, per il resto, tutta in alto mare) sono messe a tacere dal sollievo per essere riusciti a sbloccare almeno un pezzo dell’Alta Velocità. La gara, viene fatta direttamente dalle Ferrovie, tramite la Rfi, e viene vinta da un consorzio di imprese, che vede all’ inizio due società, la Matarrese di Bari e la Pontello di Firenze, protagoniste anche del mondo dello sport. Più tardi, dopo le difficoltà dell’azienda fiorentina, entrano altre due società edilizie, la Baldassini e la Tognozzi. Spetta a loro costruire la nuova linea che partendo da Padova e traversando Vigonza, Dolo, Mira, Mirano, Pianiga, Spinea, arriva fino a Venezia-Mestre affiancando la vecchia. La promessa è che, a lavori terminati, si raddoppierà la capacità della linea: da 200 treni si passerà, a fine 2006, ad oltre 500. Valore dell’ appalto 470 milioni di euro che comprendono non solo i binari ma anche tutto il riassetto di alcuni nodi: gli innesti di Padova e Mestre, lo spostamento della stazione di Vigonza, il riassetto della stazione di Dolo. La direzione dei lavori viene affidata ad un’ altra società delle Ferrovie, l’Italferr, incaricata del controllo dell’intero processo che va dalle norme antimafia fino ai controlli economici sulle imprese che lo governano e che presidia anche il meccanismo dei subappalti che viene fatto insieme al consorzio di imprese. In due anni i lavori della costruzione della massicciata vanno avanti, tanto che la metà delle opere civili oggi sono realizzate. Ma con i subappalti affidati dalle imprese ad aziende del territorio che debbono trovare i materiali, cominciano i guai e le denunce che porteranno all’ inchiesta e agli arresti. Starà ora ai periti accertare i danni e i possibili interventi di bonifica che dovranno essere fatti. Alcuni tecnici assicurano che se non si accerteranno guai peggiori, la bonifica dei cinque chilometri potrebbe essere decisa rapidamente. Ma molto dipende dagli sviluppi e dai tempi dell’inchiesta:mentre si aprono altre indagini e Lunardi e Galan chiedono chiarimenti quel sospirato 2006 che doveva vedere la fine dei lavori, si allontana sempre più all’ orizzonte. [Alessandra Carini]