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IL GAZZETTINO del 23 Febbraio 2005

Scritto il 23/02/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]

TREVISO È uno scenario inquietante, quello scoperto nel cuore del Veneto dal Corpo Forestale. Uno scenario fatto di pastette e intrallazzi, nel nome del fatturato e in spregio dell’ambiente. E, quindi, della salute. Perché attorno ad un traffico di rifiuti ruota l’indagine che ieri mattina ha portato il Nucleo Investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso a notificare sette ordinanze di custodia cautelare, di cui una in carcere e le altre sei agli arresti domiciliari, a sequestrare nove impianti, due dei quali di trattamento dei rifiuti, e due cantieri destinatari del prodotto da riutilizzare. Non cantieri qualsiasi, perché si tratta dei quattro km di linea ad alta velocità in costruzione dalle parti di Dolo, ad Arino, e del cavalcavia che a Padova chiamano "Arco di Giano", che dovrebbe collegare Ponte di Brenta a Padova est, già al centro di polemiche. Le due opere da ieri sono bloccate, su ordine dell’autorità giudiziaria veneziana, ovvero del gip Stefano Manduzio. Perché in quei cantieri la Forestale ha trovato sostanziose tracce di rifiuti pericolosi, risultato di trattamenti di "facciata" per mascherare scarti industriali, ceneri, fanghi e quant’altro, che altrimenti avrebbero dovuto avere ben altra destinazione, e non certo quella di un loro riutilizzo, così come regolamentato dal 1988. Artefice dell’illecito traffico, sarebbe dunque un trevigiano, il 48enne Fabrizio Cappelletto , da ieri rinchiuso nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore, titolare della "C & C", nelle cui sedi di Malcontenta (Venezia) e Pernumia (Padova) avvenivano i processi di trattamento debitamente autorizzati, per un giro di affari di svariati milioni di euro, previa raccolta da altri impianti e siti di varia natura, sparsi in Veneto, ma anche altrove: in regione, dalla Nuova Amit di Castelnuovo del Garda, dalla Ada di Conegliano, dalla Coveneta di Vicenza; fuori regione dalla Nova Spurghi di Brescia, Dalla Gea di Egna (Bolzano), dalla Adria jet di Cesenatico (Forlì), dalla Niagara di Poggio Renatico (Ferrara), aziende tutte inquisite e nei confronti delle quali sono scattatati provvedimenti di sequestro (con affidamento giudiziario per non pregiudicarne l’attività). Oltre a quello di Cappelletto , altri sei nomi risultano destinatari di provvedimenti restrittivi (con il beneficio degli arresti domiciliari) chiesti dal pubblico ministero Giorgio Gava: si tratta di due geometri, un padovano e un rodigino corresponsabili dei cantieri dove il materiale illecito era stato dirottato; un chimico trevigiano incaricato da Cappelletto ad effettuare analisi sui rifiuti trattati dalla "C & C"; tre imprenditori: un padovano che aveva subappaltato i lavori lungo i quattro chilometri di linea ferroviaria ad Arino, un forlivese ed un riminese. L’indagine mira ad appurare se tutti gli indagati (sono 28, complessivamente) fossero a conoscenza di quanto avveniva: ovvero, se i rifiuti destinati alla "C & C" per essere sottoposti a trattamento e inertizzazione, e quindi riutilizzati nei cantieri citati, non avessero le caratteristiche chimiche volute dalla normativa vigente, senza contare che dietro al traffico sarebbe stata accertata una movimentazione di fatture attestanti operazioni inestistenti. Perché il Corpo Forestale, come ribadito dal comandante regionale Alberto Colleselli e dal vice questore aggiunto Gianfranco Munari (che ha diretto le indagini e l’attività di sequestro che ieri ha visto impegnati cento forestali), avrebbe confermato la presenza di sostanze pericolose per la salute e per l’ambiente, ovvero percentuali di idrocarburi, piuttosto che di metalli pesanti, assolutamente oltre i limiti stabiliti. Un esempio? I 19mila milligrammi per chilo di idrocarburi rilevati nel cantiere di Padova, ben al di sopra dei 750 previsti. A tutto discapito di falde acquifere e salute. [Giancarlo D’Agostino]