battaglia terme
Museo della navigazione fluviale
Sito di Riccardo Cappellozza
Un paese e la sua storia
Frutto di anni di lavoro e di ricerca, senza dimenticare il prodigarsi di Riccardo Cappellozza che, in questo tempo di diverse fortune, ne è stato l’anima costituisce un importante e indispensabile "documento" di una storia, di una cultura, che altrimenti avrebbero rischiato di scomparire dalla memoria. Una storia locale ma non localistica che dà voce ad una tradizione perduta e da "recuperare"; ad un’umanità a suo modo eroica e non marginale, che i libri di scuola non raccontano. Laddove tra quei timoni inchiodati al muro, tra le tàje e le bricole sembra di respirare ancora la fatica, e tribolazion, le bestemmie dei barcari, paroni e morè, che dal Vigenzone navigavano fino a Venezia all’Istria alla Lombardia... trasportando dal grano alla trachite. L’idea del museo ha radici lontane. A far riscoprire l'importanza dei barcari nel passato del paese, a un nutrito gruppo di operai, fu un insegnante delle 150 ore per adulti: Elio Franzin(a dimostrazione che la scuola pubblica serve ai singoli e alla comunità). Il flusso di memoria, notizie, interviste e ricerche trovarono ascoltatori attenti e nel 1979 la Biblioteca Civica allestì la mostra "Battaglia Terme e la navigazione fluviale" alla quale seguì la stampa, nel 1980, dell’interessante "Canali e burci"(G.F.Turato,F.Sandon, A. Assereto, R. Pergolis i curatori). Da qui nacque la necessità di "sistemare" il materiale raccolto, in particolare dal succitato Cappellozza: la soluzione fu quella di creare uno speciale comitato (sostituito successivamente dal "Centro per la Ricerca e Documentazione della Storia Locale) coordinato da Riccardo Pergolis con l’aiuto di Franco Sandon che, trasformando la mostra in una manifestazione itinerante, promosse l’idea di far nascere un museo. Nel 1985 arriva la delibera dell’amministrazione che sancisce la nascita del "Museo Comunale della Navigazione" individuando la sede nell’ex macello di via Ortazzo. Luogo emblematico se si pensa che, almeno fino alla fine degli anni sessanta l’Ortazzo (già Pizzon) è stata la zona di smistamento delle merci e che, di conseguenza, è ancora abitato da ex lavoratori del fiume, barcàri e cavalànti. Nel 1995, finito il restauro dell’edificio, di concerto tra il Comune e il Centro per la ricerca si iniziarono i lavori di allestimento, si approvava il regolamento e si nominava il Prof. Pier Giovanni Zanetti come direttore. Decisivo il lavoro dei volontari e i finanziamenti del Comune di Battaglia, dell’Assessorato alla cultura della Provincia di Padova, dell’Ente Parco Colli, della fondazione della Cassa di Risparmio e delCredito Cooperativo di Cartura. Da un punto di vista espositivo il museo è costituito da un intercalarsi di immagini e oggetti nel tentativo di "cogliere gli aspetti storici, economici, linguistici e umani, più consoni a descrivere e far risaltare il lavoro sul fiume, le immani fatiche, le lotte contro le avversità e la concorrenza del trasporto terrestre, l’abilità nel costruire e condure i mezzi di trasporto acqueo" (Zanetti).
Alla ricerca della lingua perduta
Con il recupero dei materiali, delle barche, si ritrovano gesti e quindi parole perdute
E’ un fiume in piena Riccardo Cappellozza nel raccontarci del museo della navigazione di Battaglia; a stento trattiene la commozione nel ricordare il suo primo "viaggio" in barca, poco più che tredicenne. Nel pensare agli ultimi trasporti, sul finire degli anni sessanta, quando si pose termine a un lavoro ma anche ad una tradizione, ad una cultura, ad un gergo, perché "barcari si nasce, è una cosa che uno si porta dentro, ed è stato difficile abbandonare quella vita, per quanto dura potesse essere". Un gergo si diceva: sorprenderà sapere, a questo proposito, che le ricerche di Cappellozza, che poi avrebbero portato all’attuale esposizione museografica, iniziate ormai quasi più di vent’anni fa, partirono con il preciso intento di recuperare la lingua, le parole dei barcari battagliensi che si scoprì essere assenti su sei dizionari della marineria italiana e su un dizionario marinaro Inglese che risulta essere quanto di meglio ci sia in circolazione su tale argomento. Quindi per recuperare le parole la necessità di reperire gli oggetti e di conseguenza i gesti che tali parole suscitano; un viaggio a ritroso che non è certo costato pochi sacrifici al vecchio, barcaro - in senso metaforico s’intende - per raccogliere e restaurare pazientemente ancore, timoni, alberi, carrucole e quant’altro i suoi ex-colleghi, come lui, avevano conservato per ricordo "perché quando che se monta so na barca anche se no se vo e, se torna a parlar come na volta…se torna a dire, sensa pensarghe: volta  a man col remo.. Attraverso l’archivio fotografico non mancano poi di riesumarsi i vecchi toponimi, i nomi "arcaici" delle località che venivano attraversate lungo il canale di Battaglia, lungo il Vigenzone e il Bacchiglione fino alla laguna: "el drissagno de ponte de riva", "l’acquanegra", " a piarda de masierin" ..luoghi che ricordano non solo una data zona geografica, ma anche le manovre che in questa erano possibili. Difficilmente, per chi ha presente tali luoghi, ma non solo, si può negare a queste parole, a questa lingua, tanto per citare Meneghello, il fatto di essere - a differenza del nostro italiano scolastico e prosaico - "inchiavardata alla realtà".Ora il museo, consta di oltre tremila pezzi, di un repertorio fotografico inestimabile, di una flottiglia di tutto rispetto alla quale si è aggiunta un’altra memorabile barca: una "pe ata" ceduta dall’E.N.E.L di Venezia. Terz’ultimo esemplare di uno dei mezzi più diffusi un tempo in laguna, barca che serviva a portare carbone da Marghera a Venezia e per i più vari trasporti di merce e di cose.
Avventuroso, ma non poteva essere altrimenti, il viaggio che ha portato al museo l’imbarcazione a rimorchio del mototopo "Giorgio", capitanato da Florio Fiumani, dal barcaro Riccardo Cappellozza e dal moré Renzo Bonaldi. Arrivati tranquillamente da Battaglia a Murano dopo tre giorni di navigazione e agganciata la pe ata,i tre marinai avrebbero poi dovuto dare fondo a tutte la loro esperienza per uscire da una situazione che avrebbe fatto venire un bel scagabordo a chiunque. Infatti, la pe ata, che era ferma da più di due anni e mezzo, aveva il fondo invaso dai ciucioti, il che impediva una fluida navigazione, e il mototopo, anche per lo sforzo di trasportare una barca che opponeva una imprevista resistenza, ad un certo punto ha iniziato a perdere colpi. Ma questo era solo l’inizio. In laguna, a sera, avrebbe iniziato a soffiare scirocco e successivamente sarebbe arrivato un inaspettato temporale "vento e lampi in laguna … ghe jera nà cajgà ciamà dal vento de scontraura che faseva paura, che se gavaria fatto fadiga anche col mototopo sciolto…". Da qui la neccessità per i baldi marinai sulla soglia della settantina, di navigare vicino alle brico e per non rischiare di trovarsi abbandonati in laguna per giunta senza motore, e di lasciare successivamente le barche a S.Pietro in Volta, da dove poi sarebbero riusciti, grazie ad un amico pescatore, di riparare il motore. Per portare la pe ata da S.Pietro a Battaglia, e per arrivare quindi nelle tranquille acque del Bacchiglione, ci sarebbero voluti però ancora alcuni giorni e altri due viaggi, data la corrente di brentana successiva alla settimana di forti piogge che abbiamo avuto all’inizio del mese, che impediva l’attraversamento del ponte di Cà Pasqua.Della serie: per andare a ritrovare Ulisse non occorre andare tanto distanti da casa
L’attuale flottiglia del Museo:
Pe ata: donazione dell’E.N.E.L di Venezia
Caorlina: a fondi nel canal salso, pescata dai Vigili del Fuoco
Burcio "Luisa": da Orazio Roberto
Mototopo "Giorgio": da Nello Zanella di Treporti
Motocomacina "Tino": da Buffon Giovanni legnami Silea, pescata a fondi sul Sile dai Vigili del Fuoco
Rimorchiatore: Comune di Albaredo, Proprietà della Provincia in deposito
Gondola: Società Remiera di voga alla Veneta Moranzani
Sampierota: da Riccardo Cappellozza