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C&C - Rass. Stampa

IL MATTINO del 15 Ottobre 2005

Scritto il 15/10/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA/BATTAGLIA Rifiuti tossici non smaltiti E’ stata dichiarata fallita la C&C PERNUMIA. E’ fallita la «C&C» (nella foto la sede padovana) di Fabrizio Cappelletto, il mestrino poi trasferitori a Montebelluna, arrestato per il traffico di rifiuti pericolosi finiti nel cemento utilizzato per la massicciata della linea dell’Alta velocità Venezia-Padova e per il cavalcavia Camerini di Padova. Il Tribunale civile di Venezia ha accolto la richiesta avanzata dallo stesso Cappelletto, che ora è in libertà. Curatore è stato nominato il commercialista mestrino Gianandrea Borile, e i creditori sono convocati per stabilire lo stato passivo per il 15 novembre prossimo. Prima di incappare nel pubblico ministero veneziano Giorgio Gava, la «C&C» aveva una quindicina di dipendenti; Cappelletto aveva iniziato la sua attività nel 2002, l’azienda aveva la sua sede in via Forte Marghera, ed era diventata presto un punto di riferimento per le aziende venete, trentine ed emiliane che dovevano smaltire i rifiuti derivati dall’attività industriale. Due gli impianti: quello di Malcontenta, dove arrivano i fanghi, e quello di Pernumia, dove i rifiuti subivano il trattamento finale prima di essere rivenduti sotto forma di conglomerati cementizi. La società di Cappelletto gestiva dunque un’attività di recupero e riutilizzo di rifiuti industriali (fanghi, ceneri, scorie, residui di acciaieria) e possedeva tutte le relative autorizzazioni. Il punto è che, secondo gli inquirenti, tali autorizzazioni venivano violate in almeno due occasioni. Prima trasgressione: Cappelletto avrebbe ricevuto rifiuti per i quali non aveva il nulla osta e che, per loro natura, avrebbero dovuto essere trattati altrove. Seconda trasgressione: nella lavorazione dei rifiuti la C&C non avrebbe seguito le procedure previste per legge (che stabilisce precise percentuali di combinazione tra fanghi e additivi), sfornando conglomerati inquinanti. Stando alle prime stime, l’azienda di Cappelletto avrebbe registrato un passivo di due milioni e mezzo di euro. Adesso, toccherà al curatore stabilire se il «buco» finanziario sia stato semplicemente causato dall’indagine della Procura che aveva posto tutto sotto sequestro o se sia stato creato ad arte, cioè se i soldi che avrebbero dovuto finire nelle casse della «C&C» siano finiti in altre società o in conti personali del titolare. (Giorgio Cecchetti)

IL MATTINO del 21 Settembre 2005

Scritto il 21/09/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA/BATTAGLIA Casarin: «Disponibilità alla bonifica dell’area» PERNUMIA. Continuano a fioccare le polemiche sul sequestro, da parte della magistratura, delle 20.000 tonnellate di rifiuti tossici, che si trovano all’interno del capannone della C&C di Pernumia. Lunedì sera, in coincidenza con lo svolgimento dell’ultimo Consiglio provinciale a Palazzo Santo Stefano, a Padova, una ventina di attivisti di Rifondazione comunista hanno tenuto un sit in di protesta sia per difendere le posizioni di Francesco Miazzi (querelato per aver sottolineato i rapporti fra l’assessore provinciale Martinello e l’azienda indagata per i rifiuti tossici) che per sollecitare l’Amministrazione provinciale a prendere provvedimenti urgenti per la bonifica definitiva dell’area. Nello stesso tempo in aula consiliare la vicenda dell’azienda della Bassa è stata ampiamente analizzata sia dalle forze di maggioranza che da quelle di minoranza. Mariano Schiavon, capogruppo della Margherita, ha illustrato la lettera che ha presentato assieme a Silvana Collodo, Silvana Clai e Roberto Magnarello al Presidente della Provincia, Vittorio Casarin. «Il comportamento della giunta su questa vicenda non è del tutto chiaro - ha detto Schiavon - Fanno malissimo gli amministratori a prendersela solo con Francesco Miazzi. Sono passati già sei mesi dal sequestro e il problema non è stato ancora risolto. L’impegno della Provincia è rimasto sempre e solo sulla carta. Perché, poi, Casarin non ha mai voluto chiarire in pubblico i rapporti che il vice-presidente, Leonardo Martinello, ha avuto in passato con l’imprenditore di Granze, titolare della C&C?». Immediata la replica del presidente: «Proprio oggi ho parlato con il proprietario della C&C - ha sostenuto Casarin - Finalmente sembra che qualcosa si muova. Dopo tanti mesi di attesa, sembra che anche il titolare dell’azienda voglia farsi carico dello smaltimento dei rifiuti tossici. Non è vero, poi, che nel frattempo la Provincia sia rimasta sempre alla finestra su tale, gravosa, vicenda. Io mi sono subito messo in contatto sia con il Comune di Pernumia che con la Regione Veneto. Ho convinto l’assessorato regionale competente a finanziare, almeno in parte, l’intervento di bonifica e il definitivo smaltimento dei rifiuti. E’ stata sempre la Provincia, infine, a mettere in sicurezza le scorie tossiche per non farle disperdere nel territorio circostante. Questi sono fatti, non parole». (Felice Paduano)

IL MATTINO del 08 Settembre 2005

Scritto il 08/09/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PADOVA Lavori paralizzati da un anno all’Arco di Giano e il Comune rescinde il contratto con l’impresa. Lo svincolo Camerini-Guicciardini, terminale dell’Arco di Giano, è bloccato da un anno. Il problema dell’impatto dell’opera giudicato eccessivo da un comitato di residenti è stato quasi dimenticato, in primo piano c’è la bonifica del materiale da riporto, 5000 metri cubi di terra, sparso nella zona che contiene un percentuale eccessiva di rame e residui di petrolio, un rischio pesante per la falda freatica. La ditta appaltatrice è l’Icomez di Napoli, l’importo dei lavori e di 3 milioni e 26 mila euro. La ditta che ha fornito all’Icomez il materiale per la costruzione del terrapieno, che per legge deve essere costipato con materiale di risulta, comunque inerte, è la C&C. Qui però il materiale non è inerte ci sono percentuali rilevanti di rifiuti tossici e c’è un fascicolo aperto dalla magistratura veneziana che ha dato il là ai sopralluoghi tecnici. Le analisi sono state effettuate dall’Arpav, il 19 ottobre del 2004 c’è stato anche un sopralluogo in cantiere da parte del Corpo Forestale dello Stato. il 5 agosto scorso l’impresa appaltatrice ha rifiutato di procedere alle integrazioni relative alle indagini della falda acquifera richiesti dalla Conferenza dei Servizi organizzata dal Settore Ambiente con Arpav, Provincia e Regione. A questo punto il Settore Ambiente, con l’assessore Francesco Bicciato (nella foto a destra) e il Settore Lavori Pubblici, con l’assessore Luisa Boldrin (nella foto a sinistra), hanno segnalato alla Procura della Repubblica l’atteggiamento di resistenza dell’impresa appaltatrice. E’ stato posto come termine inprorogabile la data del 20 settembre. Se l’impresa rifiuterà di accettare le richieste si darà avvio alla rescissione del contratto. A questo punto sarà necessario rifare la gara d’appalto. Ma l’urgenza non è questa, l’urgenza è la bonifica. Si tratta di smaltire 5000 metri cubi di terra e di verificare la situazione di falda con carotaggi e prospezioni. E’ un lavoro lungo e costoso, i costi dipendono dalle concentrazioni di inquinante e se abbiano danneggiato o no la falda. Il costo quindi potrebe variare da 600 mila a 2 milioni e mezzo di euro. «Ci stiamo confrontando con la Regione - dice Bicciato - Per coinvolgerla in questa impresa anche perché troviamo nell’Arpav un referente instabile, che magari esegue le analisi, ma poi non ha soldi da investire nella bonifica. Ci aspettiano dall’assessore Conta un chiarimento». Luiisa Boldrin mostra il rovescio della medaglia: è previsto molto verde per bilanciare l’impatto ambientale che un’opera di questo genere indubbiamente comporta. Avremo così alla fine dell’Arco di Giano un parco di Giano che potrà essere ancora più ampio se lo svincolo Camerini- Guicciardini sarà progettato e eseguito con mano più leggera.

IL MATTINO del 05 Settembre 2005

Scritto il 05/09/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]

ARTICOLO NASCOSTO PER ESERCIZIO DEL DIRITTO ALL'OBLIO - DICEMBRE 2021

IL MATTINO del 26 Agosto 2005

Scritto il 26/08/2005 da [lavespa] nella categoria [C&C - Rass. Stampa]
PERNUMIA/BATTAGLIA Giacciono ancora nei capannoni della C&C sotto sequestro. I «veleni» non sono stati rimossi. La situazione preoccupa molto i residenti della zona (Enrico Ferro) PERNUMIA. A oltre sei mesi di distanza dal blitz del Corpo Forestale dello Stato, i rifiuti industriali tossici della C&C giacciono ancora all’interno dello stabilimento. L’azienda è sotto sequestro giudiziario, i dipendenti sono stati licenziati, tutti i cantieri in cui compariva il nome C&C sono stati bloccati. Ma i cumuli di materiale tossico sono ancora là, negli spazi interni ed esterni della grossa azienda al confine tra i comuni di Pernumia e Battaglia Terme. Come testimoniano inequivocabilmente le foto giunte in redazione. I nastri stesi dal Corpo Forestale compaiono fin dal cancello d’ingresso dell’azienda, contornando anche i sigilli che indicano il sequestro giudiziario. Ma c’è chi giura che basta addentrarsi nella vasta area che si estende a est dei capannoni per imbattersi nei primi cumuli di materiale. Un vero e proprio deposito a cielo aperto, dove solo una parte dei rifiuti sono stati portati altrove. Ma dove gli ammassi di fanghi si notano ancora chiaramente. Sorgono vicino ad un laghetto le cui acque hanno assunto un colore rossastro. Sono in molti, soprattutto fra chi abita vicino alla C&C, a chiedersi dove sia finito tutto quel materiale. E dando un’occhiata dalla strada sembra che tutto si esaurisca in quei cumuli posizionati vicino al laghetto. In realtà lo stabile è ancora colmo di materiale. Un’area di oltre 500 metri quadrati sarebbe completamente zeppa di fanghi, argille e calcari. Con gradazioni che variano dal nero, al marrone, al rossastro, per finire con il bianco sporco. Vere e proprie montagne di materiale, che arrivano fino al soffitto del capannone. E chi è riuscito ad entrare in questi spazi preposti allo stoccaggio, racconta di un odore fortissimo, quasi irritante. Il blitz è stato portato a termine il 22 febbraio scorso dagli uomini della Forestale, dopo mesi di indagini: sette gli arresti, 28 gli indagati, tre milioni di euro gli utili illeciti. In cella è finito un imprenditore originario di Dolo: Fabrizio Cappelletto, 49 anni; ed un chimico di Treviso. Cappelletto, con due sue società, la C&C (di Pernumia e di Malcontenta) e la Digamma (con sede a Treviso), falsificando i documenti, fingeva di trattare i rifiuti tossici che gli venivano conferiti da aziende di tutto il Nordest. Che a loro volta falsificavano i documenti. In realtà riciclava il materiale avvelenato, utilizzato poi in cantieri di opere civili. Come i 4 chilometri di ferrovia ad alta velocità tra Mestre e Dolo, o il cantiere del cavalcavia Camerini a Padova, o un parcheggio a Granze, una strada a Ferrara e un distributore di benzina a Bagnoli di Sopra. Tutte opere, o cantieri di opere, ora sotto sequestro. E che andranno risanate. Ma i residenti dei comuni di Battaglia e di Pernumia, si chiedono quando la C&C verrà bonificata. Quando da quei grandi capannoni verranno portati via i materiali tossici. Se lo chiedono anche i venti lavoratori licenziati, che ora grazie a Marco Benati della Fillea Cgil stanno compiendo una serie di accertamenti medici per verificare quanto la loro salute è stata intaccata dalla vicinanza con i prodotti tossici.